Funzioni di più variabili
1. Richiami
2. Grafici di funzioni di due variabili e superfici
3. Derivazione delle funzioni di due variabili. Primo esempio
4. Altri esempi. La continuità.
5. L'hessiano
6. Esercizi
1. Richiami
Abbiamo considerato in molte occasioni funzioni a più input: la funzione "somma" che ai numeri x ed y associa x+y; la funzione "media" che ad un insieme di numeri associa il loro valor medio; la funzione "simmetria rispetto (0,0)" che al punto (x,y) associa il punto (−x,−y); . In questa scheda ci occuperemo delle funzioni che hanno come input coppie di numeri reali e come output numeri reali. Queste funzioni vengono chiamate anche funzioni reali di due variabili reali. Il paragrafo seguente è per tutti, i successivi sono da intendere come approfondimenti per alcuni tipi di scuole.
2. Grafici di funzioni di due variabili e superfici
Sotto a sinistra è rappresentata la retta x+y = 3, ovvero
il grafico della funzione
A destra è rappresentato il piano x+y+z = 3, che è grafico della funzione
Così come le rette non perpendicolari all'asse x sono interpretabili
come grafici di funzioni a 1 input e 1 output reali, così i piani non perpendicolari
al piano di input sono interpretabili come grafici di funzioni a 2 input e 1 output reali.
Abbiamo visto che un cerchio non può essere pensato come il grafico di una funzione di una variabile:
ad ogni ascissa a di un punto interno al diametro corrispondono due punti del cerchio, uno che sta sopra e l'altro
che sta sotto al diametro. Possiamo rappresentare come grafico di una funzione il semicerchio superiore o quello inferiore.
Nel caso del cerchio di raggio 1 centrato in (0, 0), il semicerchio superiore è
descrivibile come il grafico della funzione
Analogamente una sfera non può essere pensata come il grafico di una funzione di due variabili, mentre possono esserlo o la semisfera che sta al di sopra del piano orizzontale che la taglia in due parti uguali o quella che sta al di sotto di essa. Cerchiamo di descrivere analiticamente la funzione F che ha come grafico la metà superiore della sfera di raggio 1 centrata in (0, 0, 0). Vedi la figura sopra a destra. Un punto P = (x,y,z) della sfera (vedi la figura qui a destra) dista 1 da O, quindi, indicata con Q l'intersezione col piano z=0 della retta verticale passante per P, abbiamo: OQ2 + z2 = 1, ovvero, per il teorema di Pitagora, x2 + y2 + z2 = 1. | ![]() |
Questa, ovvero, z2 = 1 − (x2 + y2),
è l'equazione della sfera.
La funzione F considerata sopra è dunque (x, y) →
plot z = sqrt(1-(x^2+y^2)), x = -1..1, y = -1..1
I grafici precedenti sono stati ottenuti con WolframAlpha, col comando soprastante. Nelle figura al centro sono segnate 20 quote, tra z=0 e z=1. Nella figura a destra sono tracciate 10 curve di livello, quelle corripondenti a z=0, z=0.1, , z=0.9, z=1 (che non si vede: è un punto).
Come grafici di funzioni di 2 variabili posso descrivere, oltre alle semisfere, altre
superfici : coni, figure ottenute
dalla rotazione di una parabola o una iperbole, e, ad es., figure come la seguente, sotto a sinistra, di equazione
plot z = sin(x)+cos(2*y), x = -3..3, y = -3..3
Si può generalizzare il concetto di integrazione dal caso di 1 variabile a quello di 2,
in modo da calcolare il volume che sta tra la superficie grafico di una funzione di due variabili e il piano
z = 0. Nel caso precedente troverei che il volume della semisfera di raggio unitario è 2/3·π.
Potrei anche, analogamente, valutare la probabilità che una coppia di variabili casuali
cada in certo insieme calcolando l'integrale su di esso della funzione di due variabili che ne rappresenta
la distribuzione.
3. Derivazione delle funzioni di due variabili. Primo esempio.
Parto da un esempio: la funzione F: (x,y) → x·y². La rappresento graficamente con WolframAlpha. Poi cercherò di capire come potrei studiarne le caratteristiche senza ricorrere ai grafici. Il pallino rosso rappresenta il punto (0,0,0).
plot z = x*y^2, x = -3..3, y = -3..3
Ho capito che la funzione cambia segno passando da una parte all'altra rispetto alla retta
y = 0 & z = 0,
ossia rispetto all'asse x. Non ha punti di massimo relativo o di minimo relativo, ossia non presenta cupolette all'insù o
all'ingiù. Confrontando il grafico con l'espressione della funzione,
Vediamo come arrivare alle stesse conclusioni con dei "calcoli". Si usano le derivate parziali, ossia le derivate di F(x,y) (= x·y²) pensando x o y come costante. La derivata parziale rispetto ad x vale y² in quanto penso ad x come l'unica variabile (y² deve essere intesa come una costante, per cui "porto fuori" y² e derivo x, che fa 1). Essa si indica in vari modi. Ad esempio:
D(x·y², x) ∂ x·y² / ∂x ∂ F(x,y) / ∂x Fx(x,y)
Analogamente la derivata parziale rispetto ad y vale x·2·y, ossia 2 x y. Posso indicarla così:
D(x·y², y) ∂ x·y² / ∂y ∂ F(x,y) / ∂y Fy(x,y)
Per il calcolo di D(x·y², x) con WolframAlpha mi conviene battere d(x*k^2)/dx mettendo k invece di y.
Per esprimere il valore della derivata parziale in un punto, ad esempio la derivata parziale rispetto ad y in (3,0), posso scrivere D(x·y²,y) x=3,y=0 o, ad esempio, se indico con x e y le due variabili, ∂ F(3,0) / ∂y.
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Calcola le derivate rispetto ad x e rispetto ad y di
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Suppongo che il grafico di z = G(x,y) sia la superficie rappresentata a lato.
Considero la derivata parziale di G rispetto a x nel punto (x0,y0). |
![]() |
Nel punto (a,b) entrambe le derivate parziali di G sono nulle. In questo caso in (a,b) G ha un
punto di massimo. In altre situazioni in un punto in cui entrambe le derivate parziali siano nulle potrebbe esservi un minimo. Ma non è detto che ciò
accada. Così come una funzione in una variabile derivabile che in un punto abbia derivata nulla potrebbe avere ivi un flesso, qualcosa di
analogo potrebbe accadere per le funzioni in due variabili. Ritorniamo alla funzione F considerata all'inizio del paragrafo.
D(x·y², x) = y²,
D(x·y², y) = 2·x·y.
Entrambe le derivate sono nulle quando (x, y) = (0, 0). Ma, come si vede nella figura
a fianco, in (0,0) non c'è né un massimo né un minimo. È comunque un punto stazionario,
ossia è un punto tale che se una bilia fosse collocata sulla superficie esattamente in tale punto essa rimarrebbe ferma.
Un punto stazionario può essere di massimo relativo o di minimo relativo o, come questo, di sella (detti così perché
anche il centro di una sella è un punto a tangente orizzontale pur non essendo di massimo o di minimo).
I punti di sella corrispondono ai punti di flesso del caso univariato.
| Dai grafici all'inizio del paragrafo cerca di dedurre quanto valgono le derivate rispetto ad x e rispetto ad y di F in (3, 0) e controlla la risposta calcolandole. È un punto di massimo, di minimo o di sella? |
4. Altri esempi. La continuità.
Consideriamo F(x,y) = sin(x) + cos(2 y)
di cui nel 1 abbiamo tracciato il grafico e, sotto, lo abbiamo tracciato in un dominio più piccolo.
Il grafico ha infinite gobbe. Nel punto (π/2,0) F
vale sin(π/2)+cos(2·0) = 1+1 = 2. È il valore massimo.
E lo raggiunge anche (vedi figura sottostante) in (π/2,−π) e, in generale, in
(π/2+hπ, kπ) al variare di h e k tra i numeri interi.
Analogamente nel punto (−π/2,−π/2) F
vale sin(−π/2)+cos(−2·π/2) = −1−1 = −2. È il valore minimo.
Lo stesso vale per il punto
Negli altri punti in cui si annullano le derivate prime (come in (−π/2, 0) segnato sopra a sinistra sia sul grafico che sulle curve di livello) vi sono dei punti di sella.
Nel caso univariato i punti di massimo e di minimo possono cadere anche agli estremi del dominio (ad es. se questo
è un intervallo [a, b] chiuso e limitato) o in punti in cui la funzione non è derivabile (
Non si è data la definizione di continuità per le funzioni di 2 variabili: è analoga a quella del caso univariato. | |
Premettiamo che se F è a 2 input e 1 output e Q è un punto interno al dominio
(o sul suo bordo), | ![]() |
![]() |
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Sotto è tracciato il grafico della funzione
H: (x,y) → −x³. Individuane i punti stazionari, specificandone il tipo
[il grafico è stato tracciato usando z = |
5. L'hessiano
Abbiamo visto come lo studio della derivata seconda possa essere utile per determinare la natura dei punti in cui si azzera la derivata prima. Analogamente lo studio delle derivate seconde di una funzione di due variabili può essere di aiuto per determinare la natura dei punti in cui si azzerano le derivate prime. Accenniamo, senza dimostrazioni, a questi aspetti, lasciandone l'approfondimento a chi proseguirà gli studi in ambito scientifico.
Le derivate parziali del secondo ordine sono, semplicemente, le derivate parziali delle derivate parziali. Ecco qualche esempio di calcolo con WolframAlpha:
d/dx x*y^2 | y^2 | d/dx d/dx x*y^2 | 0 | d/dx d/dy x*y^2 | 2*y |
d/dy x*y^2 | 2*x*y | d/dy d/dx x*y^2 | 2*y | d/dy d/dy x*y^2 | 2*x |
Si noti che la derivata seconda rispetto ad x e ad y coincide con quella rispetto ad y e ad x.
Usualmente si scrive
Data F funzione di due variabili, chiamiamo Fxx(x,y)·Fyy(x,y) − Fxy(x,y)·Fyx(x,y), che equivale a Fxx(x,y)·Fyy(x,y) − Fxy(x,y)², hessiano di F. Indichiamolo H F (x,y).
Supponiamo che F abbia derivate seconde continue e che (x,y) sia un punto stazionario. Allora:
• se H F (x,y) < 0 (x,y) è un punto di sella;
• se H F (x,y) > 0 (x,y) è un punto di
minimo o di massimo (locale) a seconda che Fxx(x,y) sia positivo o negativo;
• se H F (x,y) = 0 non si può concludere nulla.
Nel caso di F(x,y) = sin(x) + cos(2 y) abbiamo HF(x,y) = −sin(x)·(−4·cos(2y)) − 0 = 4·sin(x)·cos(2y). In (−π/2,0), che è un punto stazionario, HF(−π/2,0) = −4 < 0, quindi (−π/2,0) è un punto di sella, in accordo con quanto avevamo già concluso nel 4. Con WolframAlpha:
Hessian (sin(x)+cos(2*y)) 4*sin(x)*cos(2*y) |
6. Esercizi
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