Una rapida storia della geometria (e del suo insegnamento)
Già diversi secoli prima di
Euclide, presso Egizi, Babilonesi, Indiani,
, una discreta
parte delle proprietà geometriche enunciate nei suoi Elementi
erano utilizzate nella pratica, per misurazioni, costruzioni, studi
astronomici,
. La fiducia in queste proprietà era
fondata essenzialmente o sulla loro evidenza (nei casi più
"semplici") o su considerazioni sperimentali.
Presso i
Greci si incomincia a dare
un'organizzazione razionale alle conoscenze geometriche, nell'ambito
di una speculazione filosofica sulla natura delle cose e, in
particolare, dello spazio cosmico. Ecco qualche tappa:
i
Pitagorici (500 a.C.), che, concependo il "punto" come
corpuscolo elementare indivisibile e le figure come quantità
finite di punti, tentarono di dare una trattazione aritmetica della
geometria, articolata, anche se non organicamente, in postulati
(principi ritenuti evidenti) e dimostrazioni;
la
"crisi" dovuta alla scoperta di lunghezze
incommensurabili;*
* È una crisi "filosofica", non "matematica", legata allo studio "fisico" dello spazio come entità cosmica, non come spazio astratto, e che ci è difficile comprendere. Nei libri di testo se ne trovano invece spesso presentazioni banalizzate o caricaturali, così come accade per i paradossi di Zenone, ridotti spesso a un problema di serie convergenti. |
Nell'appendice 1 abbiamo
riprodotto un estratto della presentazione della geometria fatta
negli Elementi di Euclide (qui puoi trovare l'intera opera).
Come si può osservare, Def1-14
non sono definizioni in senso matematico,
sono solo in accordo con Aristotele delle assegnazioni
di un nome a enti che vengono "individuati" appoggiandosi a
concetti il cui significato è lasciato all'intuizione e al
linguaggio comune ("lunghezza", "inclinazione",
"giace uniformemente",
); la descrizione può
non essere perfetta, ma tali enti esistono. Def15-20 sono invece
abbastanza simili alle definizioni-abbreviazioni della matematica
("essere un triangolo equilatero" per "essere
un triangolo e avere i lati uguali"). Si notino, inoltre, le
differenze rispetto ai termini geometrici odierni: linea come arco di
linea (Def3, Post1,
), distanza come segmento particolare
(Post3),
e l'ottica costruttiva di Post1-3, che
garantiscono la possibilità di effettuare alcune
"operazioni".
Per meglio comprendere l'impostazione
degli Elementi di Euclide, analizziamo le dimostrazioni
di due proposizioni (Prop), riportate nell'appendice 1 (riscritte con un
lessico moderno).
Osserviamo che nella dimostrazione di
Prop1 il passo 3) non sembra giustificato:
non c'è alcun postulato che, date due circonferenze
soddisfacenti opportune condizioni, garantisca l'esistenza di punti
comuni a entrambe (in determinate condizioni è garantita, da
Post 5, solo l'intersezione di rette).
Nella dimostrazione di
Prop4 al passo 1) si esegue un'operazione
di "trasporto" di figure la cui possibilità non
viene postulata. Per altro ciò appare in contraddizione con
il procedimento complesso (di 12 passi, non riportato) con cui viene
dimostrata Prop2, teorema che vuole certificare la possibilità
di trasportare segmenti. Anche il passo 5) lascia perplessi, a meno
che, dati due punti, Post1 assicuri, oltre all'esistenza, anche
l'unicità del segmento che li ha per estremi.
Per inciso osserviamo che, anche correggendo la formulazione degli assiomi, con gli Elementi
di Eucilide, che ammettono solo l'uso di "riga (non graduata) e compasso", oltre a non potersi misurare
lunghezze e ampiezze angolari, non si possono fare molte costruzioni elementari; ad esempio (mentre si
può costruire la bisettrice di un angolo o si
può dividere un segmento in parti eguali, vedi)
non si può (tranne che in casi particolari)
dividere un angolo in tre parti uguali (impossibilità dimostrata nel 1837 - la dimostrazione
di Archimede, riportata qui, usa una "riga graduata"
per prendere C tale che DC = OC),
né, dato un cerchio, si può costruire un quadrato che abbia
la sua stessa area (impossibilità dimostrata nel 1882).
Nei secoli
successivi gli Elementi sono stati oggetti di uno studio intenso
(costellato da errori simili a quelli descritti in questo
e questo esercizio,
che mettono in luce anche le difficoltà "logiche" dei processi dimostrativi),
soprattutto nel tentativo di dimostrare Post5 a partire dagli altri
assiomi o di sostituirlo con un altro postulato più evidente,
ma si deve arrivare al seconda metà del XIX secolo perché
si comincino a mettere a fuoco le "carenze" della
presentazione euclidea a cui abbiamo accennato sopra. Deve infatti
farsi strada l'idea della geometria come studio degli spazi astratti,
che usi definizioni e dimostrazioni che non ricorrano a concetti e
argomentazioni di "fisica".
Un contributo in questo
senso era già stato dato dall'ideazione della geometria
analitica (Cartesio e Fermat, XVII secolo), con cui
erano stati fusi due metodi noti sin dall'antichità, l'impiego
dell'algebra in geometria e l'uso delle coordinate, per dare una
definizione "numerica" dello spazio e dei concetti
geometrici di base.
Nella prima metà dell'Ottocento si
dimostrò l'indipendenza di Post5 dagli altri postulati e si
prospettò la possibilità di sviluppare le cosiddette
geometrie non euclidee (vedi), ma questi studi
rimasero del tutto marginali nella comunità scientifica.
Anche le riflessioni sui limiti dell'intuizione fisica, come quelli che mette in luce
questo esercizio (che riprende un "paradosso" ideato nel XVIII secolo),
non si erano sviluppate fino alla messa a fuoco dei limiti intrinseci della identificazione tra "evidenza spaziale" e verità geometrica.
È
nella seconda metà dell'Ottocento che (in relazione
all'estendersi degli ambiti di applicazione della matematica
conseguente agli sviluppi tecnologici e ai mutamenti
nell'organizzazione economica) si precisa l'esigenza di dare una
fondazione autonoma alla matematica. Inizialmente ciò accade
in riferimento all'analisi matematica: fino ad allora la
definizione delle operazioni e le proprietà dei numeri reali
erano fondate su considerazioni fisiche (la geometria intesa alla
Euclide - vedi), non ci si preoccupava di definire che cos'è una
funzione (che veniva intesa come la descrizione di una "legge"
che lega una grandezza fisica a un'altra grandezza, non come una generica associazione di output ad input),
.
Diventa man mano chiara la necessità di definire i
modelli matematici indipendentemente dai
contesti, di usare linguaggi formali con
una sintassi e una semantica più rigorose di quelle delle
lingue naturali,
al fine di consentire l'applicazione della
matematica ai più vari fenomeni, di rendere più
controllabili le dimostrazioni e, quindi, più sicuro
l'impiego della matematica,
e di favorire lo sviluppo stesso
della matematica (facilitare le generalizzazioni, l'individuazione di
analogie tra aree matematiche diverse, l'interpretazione di una
teoria in altre,
).
È in questo ambito che viene
messa a fuoco la concezione moderna dei sistemi
assiomatici e che, tornando alla geometria, si arriva
alle prime presentazioni "matematiche" di tipo assiomatico
della geometria, di cui la più rigorosa e, nel contempo, con
un'articolazione più vicina agli elementi di Euclide, è
quella messa a punto da Hilbert (1899):
vedi appendice 2.
L'introduzione che
Hilbert premette all'elencazione degli assiomi («Consideriamo tre diversi sistemi di oggetti
») chiarisce la natura
del metodo assiomatico matematico, ma viene oscurata dal modo in cui
sono stesi gli assiomi: per venire incontro alle difficoltà
dei suoi contemporanei di fronte all'uso del linguaggio simbolico, i
termini e le relazioni primitive (un concetto si dice primitivo se
non è definito esplicitamente, ma è definito implicitamente dagli assiomi:
essi esplicitano come usarlo ma vi sono diversi concetti matematici che potrebbero
essere usati per rappresentarlo in diverse interpretazioni del sistema assiomatico)
vengono descritte ricorrendo a
parole del linguaggio naturale, spesso sostituite con sinonimi o
parafrasi, col rischio di far perdere al lettore la natura astratta
della formulazione, cioè la profonda differenza dalla
presentazione assiomatica di Euclide. Per cogliere meglio questo
aspetto può essere utile riscrivere gli assiomi usando dei
simboli:
il simbolo ε per indicare la relazione
"giacere": ε(A,a)
sta per "A giace su a"
il simbolo τ per indicare la relazione "fra":
τ(A,B,C)
sta per "B sta fra A e C"
il simbolo ≈ per indicare la relazione "
è congruente a
"
Gli assiomi di collegamento
caratterizzano "ε".
Ad esempio I.3 può essere riformulato così: «Data a, esistono A e B distinti tali che ε(A,a) e ε(B,a), ed esiste c tale che non ε(C,a)».
Gli
assiomi di ordinamento caratterizzano τ. Ad esempio II.1 può
essere riscritto così: «Se τ(A,B,C), allora A, B e C sono distinti, τ(C,B,A) ed esiste a tale che ε(A,a), ε(B,a) e ε(C,a)».
Gli assiomi di congruenza,
ovviamente, caratterizzano il simbolo ≈.
A questo punto possiamo
chiarire meglio perché le dimostrazioni
nell'ambito di una presentazione assiomatica della geometria
sono più "esposte" all'utilizzo implicito di
proprietà non ancora dimostrate: si usano gli stessi termini
(punto, retta, segmento,
) impiegati per descrivere il concetto
intuitivo di spazio che si vuole caratterizzare assiomaticamente, e,
quasi con un circolo vizioso, si ricorre a questo (sotto forma di
disegni) anche per guidare le dimostrazioni.
Il rischio è più attenuato nel caso di sistemi di
assiomi che non vogliono caratterizzare un unico "oggetto
matematico", ma concetti, classi di oggetti, come nei casi degli
assiomi dei gruppi, della definizione di distanza, di probabilità,
. In questi ambiti è più chiaro anche il ruolo
della dimostrazione a partire degli assiomi: si vogliono individuare
delle proprietà che valgono per tutti gli oggetti che
verificano gli assiomi.
Affrontiamo questo esercizio.
I libri impostati come quello dell'esercizio hanno
un'introduzione che fa più o meno riferimento alla concezione
matematica dei sistemi assiomatici (quella descritta da Hilbert nella
premessa), ma, poi, hanno uno svolgimento "alla Euclide"
(il 1° criterio di eguaglianza dei triangoli non è
assunto come assioma, come fa Hilbert, ma è dimostrato
riproducendo, malamente, la dimostrazione euclidea di Prop4): per
Euclide i concetti e i procedimenti impiegati traevano comunque
giustificazioni dalla loro realtà nel "mondo delle idee",
nel caso di questi libri "dimostrazioni" come quella
riportata oscurano il ruolo della matematica, la natura dei modelli
matematici.
Riprendendo la panoramica storica, ci si pose anche il problema:
come
ci si può assicurare che un sistema di assiomi per la
geometria definisca effettivamente qualcosa, cioè non porti a
contraddizioni?
Per dimostrare la non
contraddittorietà del suo sistema di assiomi
Hilbert ha dimostrato che lo "spazio cartesiano" ne è
un modello, cioè che l'interpretazione degli assiomi nello
spazio cartesiano (nel caso piano: punti come coppie di numeri reali;
rette come equazioni di primo grado; "giacere su
"
come verificare l'equazione
;
) dà luogo a
proposizioni vere. In altre parole si è ricondotto alla
geometria analitica.
Ma, dato che era già chiaro da
qualche decennio come definire i numeri reali autonomamente dalla
fisica (attraverso successive costruzioni algebriche a partire dai
numeri naturali o precisando il concetto di numero decimale
illimitato) e che quindi era soddisfacente una presentazione
analitica dello "spazio euclideo", quale
necessità c'era di darne anche una
definizione assiomatica?
Hilbert voleva dare una
forma rigorosa alla presentazione assiomatica di Euclide, cioè
dare una presentazione del concetto di spazio che fosse il più
possibile in termini puramente geometrici. Non a caso nei primi
quattro gruppi di assiomi non intervengono neanche concetti
insiemistici (l'"appartenenza" non è quella
insiemistica, ma è regolata da specifici assiomi) e solo
nell'ultimo gruppo di assiomi interviene il concetto di numero
naturale.*
* La versione di V.2 data in appendice riproduce, sostanzialmente, la formulazione della completezza per i numeri reali; quella originale era: «un modello della "geometria piana" è un modello di I, II, III, V.1 tale da non ammettere alcuna estensione propria che verifichi I, II, III, V.1» (un modello della "geometria piana euclidea" deve verificare anche IV); è una versione più difficile per il lettore non "allenato" (non è un assioma in senso stretto) ma più "autonoma" dal concetto di numero reale |
* Gli assiomi di Hilbert sono anche indipendenti ciascuno dai rimanenti; ciò è utile per studiare la portata dei vari assiomi; didatticamente, per semplificare le dimostrazioni, può a volte essere utile trascurare questo aspetto. |
* così come non si vede che valenza culturale possa avere - e come possa essere portata a termine correttamente - la costruzione di R (o anche solo di Q) a partire da N, senza inquadrarla storicamente nel tentativo di fondare tutta la matematica sull'aritmetica e di dimostrare sintatticamente la non contraddittorietà di una presentazione assiomatica di quest'ultima. |
A
questo punto è utile completare la panoramica storica con
qualche cenno a varianti o alternative alla presentazione
assiomatica hilbertiana.
Una prima variante è quella
che fa ricorso alla teoria degli insiemi:
le figure geometriche vengono interpretate come insiemi di punti e
sono soggette alle usuali operazioni e relazioni insiemistiche
(appartenenza, inclusione, intersezione, unione,
). Si vedano,
per esempio, nella appendice 3, gli assiomi dell'"Enriques-Amaldi" (si noti, in particolare, che
l'assioma di Pasch II.4 viene sostituito da quello che
abbiamo indicato come 12-ASS, noto come assioma
di separazione).
Un'ulteriore variante è quella di
assumere come primitivo non il concetto di congruenza, ma quello di
movimento. Al posto degli assiomi di
congruenza abbiamo (nel caso piano):
1) | I movimenti del piano sono funzioni bigettive dal piano nel piano che (rispetto alla composizione di funzioni) costituiscono un gruppo. |
2) | Se f è un movimento e s è una semiretta di origine A, f(s) è una semiretta di origine f(A). |
3) | Se in un movimento restano fermi tre punti non allineati, tutti i punti restano fermi, cioè il movimento è la funzione identità. |
Le presentazioni fin qui discusse
vengono a volte chiamate sintetiche, per
distinguerle dalle presentazioni che fanno ricorso al concetto di
numero reale, che possono essere puramente
analitiche (punti come n-uple di numeri
reali) o ricorrere alla struttura dei numeri reali solo per
semplificare l'ordinamento della retta e l'introduzione della
continuità.
Queste seconde presentazioni, decisamente
"ibride" (da un punto di vista "tradizionale"), di cui si è iniziato a fare uso negli anni
trenta, vengono usualmente descritte come approccio
metrico alla geometria. Come concetti primitivi si
considerano due funzioni a valori in [0,∞):
d,
avente come argomenti le coppie di punti, con gli assiomi che la
caratterizzano come distanza e l'assioma del righello (per
ogni retta r esiste f: r → R bigettiva tale che d(A,B) =
| f(A) - f(B) | per ogni A,B∈r),
m, avente per
argomenti gli angoli (intesi come coppie di semirette con origine
comune), con assiomi che la caratterizzano come misura angolare
(sostanzialmente dando una rappresentazione astratta delle
caratteristiche del goniometro).
Il postulato del
righello, che, in pratica, dota la retta di un sistema di coordinate,
consente di definire la relazione "C sta tra A e B" come
"A, B e C sono allineati e d(AB) + d(BC) = d(AC)". È
evidente come la congruenza sia riconducibile a d e m.
La
continuità della retta è
"scaricata" su R.
È abbastanza facile
dimostrare sia il teorema "Retta-cerchio" (esistenza di due
punti comuni a un cerchio e a una retta che abbia un punto esterno e
uno interno al cerchio) che il teorema "Due-cerchi"
(esistenza di due punti comuni a due cerchi aventi la distanza fra i
rispettivi centri minore della somma dei rispettivi raggi: proprietà
utilizzata implicitamente da Euclide dimostrando Prop1).
Questi
teoremi sono di più difficile dimostrazione in una trattazione
sintetica. Vi sono, dunque, anche assiomatizzazioni di tipo sintetico
in cui al posto dell'assioma di completezza vengono assunti come
assiomi i due teoremi stessi. In questo modo, tuttavia, si perde la
categoricità del sistema assiomatico *
(l'"Enriques-Amaldi" introduce questi due assiomi - ass. 11 e 12 - per
affrontare la costruzione di perpendicolari, trasporti di angoli,
,
rinviando a un secondo momento, per affrontare il concetto di misura,
l'introduzione dell'assioma di completezza - ass. 14).
* Con tale sostituzione il sistema ha come modello sia l'usuale piano cartesiano che quello che si ottiene rimpiazzando R con l'insieme I così definito: 1∈I; se a∈I allora √(1+a²)∈I; se a,b∈I allora a+b, a-b, a·b e (se b≠0) a/b sono elementi di I. |
Vi sono molti
libri di testo che utilizzano l'approccio
metrico, ma quasi tutti (non il "Prodi" - si veda il suo ASS.04 - a cui accenniamo più avanti) con
errori grossolani. Ecco due tipici esempi:
il
postulato della continuità presentato come: «esiste una corrispondenza biunivoca tra la retta e R»,
non mediante l'assioma del righello o simili, senza stabilire
collegamenti con la metrica, consentendo che la retta sia zeppa di
"buchi" e che sia "limitata" (a volte si aggiunge
l'assioma "ogni retta è illimitata in entrambi i sensi",
ma senza spiegare che cosa voglia dire "illimitata");
la
lunghezza presentata, dopo aver introdotto i concetti di
distanza e di isometria, come «quel "quid" che accomuna i segmenti che appartengono a una stessa classe di equivalenza, associata alla relazione di isometria», mescolando, rozzamente («quel
"quid"
), approccio sintetico e approccio metrico: in
un approccio sintetico ha senso introdurre la lunghezza come classe
di equivalenza di segmenti congruenti, non ha alcun senso farlo se si
dispone già del concetto di distanza.
Negli anni sessanta
sono state proposte alcune "eleganti" caratterizzazioni
puramente algebriche della geometria. Famose sono quella proposta da
Blumenthal (lo spazio euclideo come spazio metrico completo,
dotato di un determinante opportunamente definito, che verifica
quattro assiomi dalla formulazione molto "semplice") e,
soprattutto, quella proposta da Dieudonné:
il piano [lo spazio] euclideo come spazio vettoriale su R munito di
un prodotto scalare ×
(la distanza tra P e Q diventa √((P-Q)×(P-Q))).
Anche queste sono formulazioni
equivalenti a quelle di Hilbert, ma
si perde ogni collegamento
diretto con l'intuizione spaziale. La presentazione di Dieudonné
è particolarmente economica e è indubbiamente
significativa nell'ambito di in un corso universitario, ma, ahimè,
Dieudonné, col motto «abbasso Euclide» la propose come
punto di riferimento per l'insegnamento nella scuola
secondaria!
Choquet, negli
stessi anni, cercò di realizzare un compromesso tra la
geometria intesa come struttura algebrica e la geometria "classica",
definendo i vettori e il prodotto scalare non assiomaticamente, ma a
partire da assiomi più "geometrici":
postulati
di incidenza e di ordine (sostanzialmente il I, il II e il IV gruppo
di assiomi di Hilbert),
postulati di struttura affine
(sostanzialmente, il postulato del righello e il "teorema di
Talete"), e definizione dei vettori,
postulati di
struttura metrica (assiomi che caratterizzano la nozione di
perpendicolarità), e definizione del prodotto scalare.
La
presentazione assiomatica di "Prodi" (vedi appendice 4); può
essere considerata una variante del sistema proposto da Choquet che
cerca di ridurne i formalismi e accentuare i collegamenti con
l'intuizione spaziale. Una differenza che val la pena di sottolineare
è la definizione di angolo. Choquet, dopo aver
criticato le usuali definizioni di angolo, propone un'altra
definizione o, meglio, definisce un'altra cosa: chiama angoli in P
non delle figure, ma le rotazioni di centro P (cioè le
isometrie che lasciano fisso il solo punto P), e lo fa dopo uno
studio sistematico delle isometrie. Prodi, invece, anticipa la
definizione di angolo, che dà "alla Hilbert", come
coppia di semirette.*
*
La presentazione assiomatica di Prodi (la prima edizione del suo "Matematica come scoperta" è del 1977)
non è presentata in una volume specifico per la geometria: la geometria è intrecciata
con capitoli dedicati alle funzioni, al calcolo delle probabilità, all'algebra,
.
Per dare un'idea della sua impostazione citiamo qualche
brano dalla introduzione alla guida per gli insegnanti del volume per la classe seconda: « L'insegnante che voglia utilizzare in modo ottimale il testo può modificare l'ordine di esposizione e può anche, in un primo tempo, omettere certe saldature di tipo logico, che potranno essere poi compiute successivamente. Riflettiamo, ad esempio, sulla geometria del piano, che occupa tanta parte di questo secondo volume; molte delle difficoltà che essa presenta dipendono dal fatto che tutte le proprietà, ivi comprese quelle che si enunciano in termini analitici, devono essere dedotte dagli assiomi posti all'inizio (nei capitolo 13, 14, 15 del 1º volume); ad esempio non è del tutto facile ottenere la rappresentazione analitica delle traslazioni partendo dalla loro caratterizzazione geometrica (con particolari simmetrie). Ma, in una prima esposizione, qualcuna di queste catene deduttive può essere omessa, se si ritiene che la classe non sia sufficientemente matura. Del resto, in un punto importante (misura degli angoli), il testo porta un assioma non essenziale (l'assioma A10), cioè un'affermazione che potrebbe essere dimostrata: allo stesso modo l'insegnante può alleggerire l'esposizione inserendo qualche "si può dimostrare che ". È sempre meglio procedere così che non introdurre un'assiomatica variabile e incoerente!» |
Le assiomatizzazioni alternative a quelle di Hilbert per certi aspetti si sono allontanate maggiormente dall'intuizione spaziale, per altri aspetti - specie quelle di Choquet e di Prodi - hanno recuperato elementi dell'intuizione spaziale (legati al concetto di simmetria e di similitudine) che l'impostazione Hilbertiana aveva mantenuto in secondo piano.
Il seguente
esercizio propone alcune altre riflessioni sul significato di dimostrazione (e su alcune questioni didattiche connesse). L'esercizio, e l'analogia che suggerisce,
consente di introdurre l'osservazione che, nell'ambito della problematica della dimostrazione,
nella seconda metà del XX secolo ha fatto prepotentemente ingresso il ruolo del computer, e che
a ciò si è associata un dibattito sull'analogia tra matematica e scienze sperimentali,
che è arrivato a mettere in discussione il ruolo della dimostrazione (chi fosse interessato a questi
aspetti "filosofici" veda questo articolo).
Quel che è più significativo è, però, che
l'impiego del computer ha condotto a nuovi ripensamenti sulla presentazione dei concetti geometrici,
con più forti intrecci sia con l'algebra lineare che con il calcolo differenziale. Per una rapida idea di ciò rinviamo
a questi esempi di uso di WolframAlpha.
Ricordiamo anche una precorritrice di nuove impostazioni (dimaniche) dell'insegnamento geometrico, Emma Castelnuovo, col cui ricordo chiudiamo questa rapida "storia" della geometria.
Appendice 1 - Dagli Elementi di Euclide
Appendice 2 - Dai Fondamenti della geometria di Hilbert
Appendice 3 - Dal manuale di Enriques e Amaldi
Appendice 4 - Dal manuale di Prodi